DUE

Lorenzo era seduto in un bar insieme alla sua amica Federica.
Era stata una giornata letteralmente terrificante.
La convocazione in questura, la notizia che qualche giorno prima il suo lettore ZorroWeb (al secolo, come aveva appreso dall'ispettore, Fabrizio Gescati) era stato evirato e sgozzato (probabilmente in quest'ordine, stando al referto della scientifica) sul letto di casa sua, e poi la ciliegina sulla torta dell'incomprensibile commento che la vittima aveva lasciato sul suo blog pochi minuti prima di morire: due sequenze di cinque numeri senza alcun senso apparente, scritte una sopra all'altra, sulle quali la polizia si stava scervellando da una settimana senza riuscire a venirne a capo.
Mentre sorseggiava la seconda media chiara raccontò a Federica la gran fatica che aveva fatto per convincere l'ispettore che non si trattava di un codice condiviso tra lui e il suo lettore, che non gli era mai capitato di leggere nulla di simile e che non aveva la più pallida idea di chi potesse essere l'assassino.
«E alla fine, almeno, ti ha creduto?»
«Così ha detto. Ma io credo di no».

Giovanna stava per andare a dormire, dopo un'altra serata inconcludente su Skype.
Più il tempo passava, più si convinceva che conoscere gente interessante sul web era un'impresa disperata: perlopiù si imbatteva in individui che parlavano di cose noiosissime utilizzando abbreviazioni incomprensibili, mettendo accenti e apostrofi dove non andavano e mandandola a cagare appena realizzavano che non sarebbe stato possibile organizzare un incontro a sfondo sessuale nell'arco delle ore immediatamente successive.
Però, per qualche misteriosa ragione, ormai si era convinta che quello fosse l'unico modo possibile.
Bella non era mai stata, per la verità, e all'inizio la possibilità di interagire con gli altri in un contesto nel quale l'aspetto fisico non rappresentasse il primo impatto l'aveva affascinata.
Aveva anche incontrato dal vivo un paio di persone conosciute in quel modo, ma in entrambi i casi il risultato era stato decisamente deludente: la prima volta si era consumata a cena, in una pizzeria, ed arrivare fino al dolce era stata una vera e propria sofferenza; la seconda era durata meno di cinque minuti, perché lei e il suo interlocutore si erano subito confessati di trovarsi troppo diversi da quello che si aspettavano, si erano salutati cordialmente e se n'erano tornati a casa.
Ogni tanto, a dire il vero, le capitava di imbattersi in qualcuno che sembrava un tantino più brillante degli altri, e forse era per questo che non aveva ancora definitivamente smesso di chattare.
Quel Piero, ad esempio, pareva proprio un tipo interessante. Simpatico, colto, gentile e abbastanza enigmatico da suscitare un minimo di curiosità. Solo che non si faceva vedere da un po', e Giovanna aveva quasi perso ogni speranza di incrociarlo di nuovo.
Mandò giù l'ultimo sorso di tisana, fece un sospiro bello lungo e decise che per quella sera poteva anche andarsene a dormire. Fu in quel preciso istante che sullo schermo le si aprì la finestrella.
«Buonasera».
Piero, manco a farlo apposta.
«Ciao :-)»
«Ancora sveglia?»
«Veramente stavo giusto per andare a nanna...»
«Senza concedermi neanche dieci minuti?»
Giovanna guardò l'orologio. Era quasi mezzanotte e il giorno dopo l'aspettava una giornataccia in ospedale. Sarebbe stato meglio andare. Però due chiacchiere con Piero non le sarebbero dispiaciute affatto, specialmente quella sera.
«Ok. Dieci minuti. Ma non uno di più. :-)»

«Spiegamelo tu: perché uno che sta per essere ammazzato come un cane dovrebbe mandarmi una sfilza di numeri? Voglio dire: uno che è in pericolo di vita chiama il 113, mica scrive un commento criptico su un blog...»
«Infatti non ha senso. L'unica spiegazione è che quando te l'ha inviato non avesse ancora idea della fine che stava per fare».
«Eh, ma non funziona neanche così. Quei numeri non vogliono dire niente, e il fatto che uno decida di scriverli proprio dieci minuti prima che gli taglino l'uccello è troppo strano per essere una coincidenza...»
«Non so, potrebbe essere un giochino che girava su internet... Hai presente, no, quelle catene?»
«Certo che sì. Solo che nessuno ne ha mai sentito parlare, di una catena così. Ho anche chiesto a un paio di amici, di quelli che stanno tutto il giorno attaccati al computer...»
«E...?»
«E niente. Buio».
«Però è strano...»
«E' strano eccome».
«No, Lore', non intendevo strano in quel senso. Pensavo a un'altra cosa: come hanno fatto quelli della polizia a stabilire che abbia postato il commento prima di morire?»
«Be', dai rilievi, suppongo. Sul commento c'è l'ora esatta...»
«Sì, ma sulla morte no».
«Abbi pazienza, Fede, ma non capisco».
«Cioè, chi ti dice che il commento non sia stato pubblicato dopo la morte, e non prima?»
«Be', a quanto mi risulta normalmente i morti ammazzati non postano commenti».
«I morti ammazzati no, ma i loro assassini potrebbero...»
«Gesù... Sai che non ci avevo pensato? Ma scusa, l'assassino non poteva conoscere i dati del suo account».
«Ma poteva chiederglieli. Magari costringerlo a darglieli».
«No, Fede, non ha senso. Uno non sgozza una persona per rubargli la password di Google...»
«Certo che no. Ma quella password potrebbe servirgli per fare qualcosa dopo averla sgozzata...»
«Qualcosa? Mica ti seguo».
«Lore', possibile che tu non abbia capito? Rifletti: quei dati servivano all'assassino esattamente per fare quello che ha fatto: ammazzare ZorroWeb e poi postare un commento a suo nome sul tuo blog!»
«Ma è un'idea assurda...»
«E' perfettamente logica, invece. Ed è l'unica ipotesi possibile. Così tutto quadra: quei dieci numeri sono un messaggio dell'assassino per te».

Leave a comment