OTTO

«Hai un bel coraggio a presentarti qua, lo sai?»
«Senti, Francesco: tu lo sai meglio di me che non c'entro niente con quello che è successo a tuo fratello».
Francesco Rebocchi era il fratello di Donato. Lorenzo era andato a pescarlo fuori dalla parrocchia, dopo il seminario di lettura tradizionale della bibbia. I due fratelli erano molto legati e animati dallo stesso spirito ultracattolico, al punto che dopo l'arresto di Donato Francesco aveva preso in mano la pagina Facebook dell'associazione e aveva annunciato pubblicamente che le riunioni sarebbero proseguite a casa sua.
«Vabbe', diciamo che non c'entri niente. Però adesso che vuoi da me?»
«Non è stato tuo fratello, vero?»
«Chiedilo ai poliziotti che l'hanno arrestato. Ne so quanto te».
«Cazzate. Se credessi veramente che tuo fratello sia colpevole non faresti quello che fai per mandare avanti il suo lavoro».
«Mi spiace deluderti, ma io lo faccio per Cristo. Anche se mi rendo conto che uno come te non può capire».
«Ok, come vuoi. Ma che succede se non è stato lui e l'assassino vero ne fa fuori un altro?»
«Succede che mio fratello viene scarcerato. Semplice, no?»
«Semplice un cazzo. Guarda che...»
«Dio santo, proprio non riesci a esprimerti in modo decente, eh?»
«...guarda che il commissario me l'ha detto, come la vedono: sono convinti che sia partito un meccanismo di emulazione».
«Emulazione? E che sarebbe?»
«Sarebbe che se il pazzo omicida là fuori colpisce ancora loro penseranno che si tratta di un altro sciroccato che vuole imitare tuo fratello».
«E quindi?»
«E quindi lui resterà dentro, e quell'altro probabilmente resterà fuori».

Questa sarebbe stata difficile. Oh, sì, difficile e stimolante. Si passò la lingua sulle labbra, mentre faceva scorrere la corda tra le dita. Era bella ruvida. Meglio di una sciarpina di seta, pensò. Anzi, no. Una cravatta. Una bella cravatta di canapa, un nodino stretto stretto all'ultima moda e buonanotte. Controllò ancora una volta l'evento su Facebook: sabato, ore 23:00, centro sociale Onda. Era quello vicino al raccordo. Quello con un sacco di prati intorno. L'occasione non sarebbe mancata. Bastava stare all'erta e prima o poi si sarebbe presentata da sola. Ridacchiò mentre guardava la lista di quelli che avrebbero partecipato: più o meno a metà, con tanto di foto scattata durante chissà quale vacanza, c'era Renato Sacco, meglio conosciuto sul web come Otaner. Cioè il nome scritto al contrario. Originale, davvero. Un inventore. A forza di scorrere su e giù la corda aveva iniziato a sviluppare calore nella mano. Non era male. La caccia sarebbe iniziata domani sera alle undici. In mezzo a qualche prato fuori da un centro sociale. La preda si chiamava Otaner. Quello che aveva il nome al contrario e che postava sempre su Facebook col cellulare.

«Senti, facciamola finita e dimmi che posso fare».
«C'è qualcosa che sai? Qualcosa che possa scagionare tuo fratello?»
«Questa è proprio bella. Prima vi scannate sul blog e adesso ti viene la fissazione di salvarlo?»
«Il blog non c'entra niente. Il fatto è che non mi fa per niente piacere sapere che un innocente finisce in carcere. E men che meno che il vero colpevole è a piede libero e continua a ammazzare quelli che leggono il mio blog».
«Potrebbe essere una vendetta di Dio per le tue bestemmie...»
«Certo, come no. Allora, sai qualcosa?»
«L'ultima volta l'ho visto due giorni prima dell'arresto. Siamo tornati a casa insieme dalla lettura della bibbia, ci siamo fatti un piatto di pasta, abbiamo discusso qualche minuto dell'associazione e poi me ne sono andato a casa, a dormire».
«Niente di strano, di insolito?»
«No».
«Pensaci bene».
«Mah, adesso che mi ci fai pensare forse una cosa, ma proprio un'inezia...»
«Cioè?»
«Quando siamo entrati la porta si è aperta al primo giro di chiave. Lui è rimasto un attimo perplesso e poi mi ha detto: "Strano, ero convinto di aver dato le mandate". Io gli ho risposto che a me capita un giorno sì e un giorno no, con tutti gli impegni che abbiamo. Poi ce ne siamo dimenticati. Tutto qua».
«Quindi in realtà qualcuno potrebbe essere entrato a casa prima di voi».
«Sì, come no. Magari Arsenio Lupin».
«Tu le hai, le chiavi di casa di Donato?»
«No, no, fermati, adesso che ti viene in mente?»
«Ce le hai o no?».
«Ok, ne ho una copia. Me l'aveva data per le emergenze. Però di aprirla non se ne parla».
«Invece sì. Ti accompagno, la apriamo insieme».
«Ma che... Cos'è, ti sei messo in testa di giocare all'investigatore privato?»
«Ti va di accompagnarmi o no? Guarda che lo fai per tuo fratello, mica per me».
«E va bene. Però ora sto partendo, ho una riunione col gruppo in Umbria. Torno domenica».
«Allora domenica sera, ce la fai?»
«Sì. Tanto non troveremo niente».
«France', me la togli una curiosità? Ma non te ne frega niente che tuo fratello sia in carcere?»
«Certo che me ne frega. Anche perché sono sicuro che non sia stato lui. E' un uomo buono, cosa credi? Non sarebbe capace di un gesto del genere».
«E allora, scusa, non ti chiedi che cazzo ci faceva quel rasoio nel suo armadio?»
«Siamo solo strumenti nelle mani di Dio, fratello. Non dimenticarlo».

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