QUINDICI

«E adesso?»
«E adesso niente. Va bene così».
«Ma...»
«Niente ma. Poteva succedere».
«Sì, però...»
«Conosci la storia della farfalla e dell'incidente d'auto?»
«No».
«Una farfalla entra in una casa da una finestra aperta. Dentro la casa c'è un ragazzo che sta per andare a scuola. La farfalla è bella, e colorata, e leggera, e il ragazzo si attarda a guardarla. Va a finire che fa tardi a scuola, e la professoressa lo manda dal preside perché è l'ennesima volta che succede».
«Non credo di capire...»
«Fammi finire. Il preside manda a chiamare i genitori. Il padre non può, perché ha una riunione importante, e chiede alla moglie se può andare lei. La moglie si arrabbia e iniziano a discutere, perché certe cose toccano solo a lei e davvero non ne può più. La discussione degenera, lei gli attacca il telefono in faccia e lui si sente in colpa. Così decide di andare a fare due passi prima della riunione».
«Senti, io non capisco dove vuoi arrivare, ma...»
«Fammi finire, ti ho detto. Il tizio esce dal portone dell’ufficio e si incammina sul marciapiede. Poi decide di andarsi a prendere un caffè. Mentre fa per attraversare la strada suona il cellulare. Spera che sia la moglie, gli dispiace un sacco di averci discusso. Tira fuori il telefonino dalla tasca e mentre guarda chi è che lo sta chiamando attraversa automaticamente la strada senza accorgersi che il semaforo è rosso. L'auto che sta passando lo vede all'ultimo, fa una sterzata brusca per evitarlo e prende in pieno uno scooter che lo stava sorpassando a sinistra. Il ragazzo sullo scooter muore sul colpo. Senza sapere nulla del ragazzo, del preside, di suo padre, di sua madre, della discussione, del telefonino. E soprattutto della farfalla».
«E quindi? Che cazzo c'entra, scusa?»
«Non puoi controllare tutto. Rassegnati. Ecco che c'entra».

Niente. Non gli riusciva di trovare la minima correlazione tra quei numeri.
Le aveva provate tutte, dai versetti della bibbia alla sequenza di Fibonacci, ma non c'era modo di cavarne qualcosa.
Iniziò a venirgli il dubbio che fosse tutta una burla. Che in realtà quel codice non significasse un bel niente. Che quel pezzo di merda si divertisse a mandarglieli tanto per farlo star male, spassandosela come un matto al pensiero di farlo impazzire senza costrutto.
Aveva la scrivania piena di fogli di carta scarabocchiati, di libri, di giornali risalenti ai giorni degli omicidi. Aveva perfino comprato una calcolatrice scientifica, di quelle piene zeppe di simboli strani che manco capiva cosa significassero.
Niente. Eppure una chiave doveva esserci.
Decise di alzarsi e di andare a mangiare un boccone. Fu allora che gli venne in testa un'idea. Si bloccò come il fermo immagine di un film, con gli occhi sbarrati e le sopracciglia alzate. Afferrò un foglietto e guardò i numeri uno per uno, partendo dalla prima fila. Effettivamente poteva funzionare. Gli si stampò in faccia uno strano sorriso. Certo, bisognava verificarlo e ci sarebbe voluto un po' di tempo, ma in fondo neanche troppo...
No. Non poteva essere. L'ultima riga era del tutto incompatibile. Inutile perdere tempo a controllare. Il sorriso gli sparì dalle labbra, le sopracciglia si rilassarono.
Mentre andava verso la cucina a prepararsi un panino scosse la testa e abbandonò l'idea che aveva cullato per qualche secondo.
Senza immaginare che avrebbe potuto essere quella giusta.

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