TRE

«Io ci andrei cauto, con le deduzioni».
«In che senso?»
«Nel senso che le cose potrebbero non essere andate come dici tu».
Mario, al contrario di Lorenzo che campava facendo l'avvocato e scriveva sul blog per hobby, era un giornalista vero: e da giornalista vero nutriva una spiccata avversione per le conclusioni tirate troppo velocemente.
«Sai che non ho capito?»
«Te lo spiego subito. Metti, faccio così per dire, che il tizio ammazzato trombasse con la ragazza di qualcuno, e supponi che quel qualcuno abbia deciso di dargli una bella lezione».
«Tagliandogli il pisello e sgozzandolo come un abbacchio? Dai, Mario, manco nei Sopranos...»
«Mica vero. Queste cose succedono, invece. Prendi Erba, per esempio. O Meredith, quella di Perugia. Oppure...»
«Ok, ok, facciamo che ti seguo. E il commento sul blog?»
«Magari dopo averlo ammazzato ha visto il monitor acceso e si è accorto che era connesso. O magari lo sapeva da prima, perché conosceva bene la vittima. E così ha avuto la brillante idea di scrivere quei numeri sul tuo blog per confondere le acque, tirare scema la polizia e depistare le indagini».
«Andiamo, mi pare roba da servizi segreti deviati...»
«Può darsi, non dico che sia andata per forza così. Ma è una possibilità».
«E dei numeri, che ne dici?»
«Dico che coi numeri puoi farci quello che vuoi. Basta che ne sommi un paio, ne sottrai un altro, moltiplichi, dividi e puoi ottenere qualsiasi risultato».
«Quindi?»
«Quindi, se davvero fosse un messaggio per te, potrebbe essere qualunque cosa. Una firma, un indirizzo, una minaccia in codice o chissà che altro».
«Mmm... Però nei film americani li decifrano, quei messaggi».
«Certo. Dopo cinque o sei morti, altrimenti la gente non ci crede e chiede indietro i soldi del biglietto».

Stordita, questa era la parola giusta. Capirai, dopo aver dormito sì e no due ore è un miracolo se la sera dopo una riesce a reggersi in piedi. Gli aveva detto solo dieci minuti e invece erano rimasti a chiacchierare e a ridere tutta la notte. Carino, quel Piero. Carino e interessante.
«Sì, e tu sei la solita scema che si invaghisce di uno sconosciuto dopo averci parlato qualche ora su Skype».
Aveva formulato il pensiero a voce alta, mentre accatastava nel lavandino i piatti sporchi di due o tre giorni.
Eppure stavolta le sembrava davvero diversa dalle altre. Si erano parlati un sacco e avevano scoperto una quantità incredibile di cose in comune: la passione per la musica, l'idiosincrasia per le vacanze al mare, le adolescenze problematiche segnate da angosce, paure e delusioni. Incredibile che su internet potessero venir fuori particolari così intimi, roba che in trent'anni non aveva raccontato quasi a nessuno.
Così, a un certo punto, era stata lei a chiederglielo.
«Vivi a Roma anche tu?»
«Cos'è, abiti nella casa di fronte e mi guardi dalla finestra?»
«No, davvero».
«Non proprio a Roma, ma vicino, ai castelli».
«Senti».
«Sento».
«Che ne diresti se ci vedessimo?»
«Dalla finestra, dici? Be', ci vorrebbe un binocolo bello lungo...»
«Scemo. Dicevo se ci vedessimo dal vivo».
«Mmm non lo so se è una buona idea».
«Perché no?»
«Perché in genere questi incontri sono una delusione».
«Io dico che stavolta non lo sarà».
«Ah, se lo dici tu...»
«Ti piace la carbonara?»
«Oddio, vuoi portarmi da Giggetto er Bujaccaro?»
«No, ti voglio invitare a casa mia!»
«Scusa, ma tu fai entrare a casa tutti gli sconosciuti che incontri su internet?»
«No. Sinceramente tu saresti il primo».
«E se fossi un maniaco omicida?»
«Be', diciamo che correrò il rischio».
«:-)»
«Domani alle nove?»
«Ma stai dicendo sul serio?»
«Sì».
«Ok, facciamolo. Cioè, a me va, non vorrei che tu avessi pensato il contrario».
«No, non l'ho pensato, giuro. Ti mando l'indirizzo per mail».
«E io porto il vino. Però domani non posso, ho delle cose da sbrigare. Dopodomani, stessa ora?»
«Per me è anche meglio, al lavoro finisco un pochino prima».
«Che dici, devo mettere lo smoking o mi presento sportivo?»
«Sportivo. E puntuale, che la carbonara si appiccica».
Insomma, era andata così. Si sarebbero incontrati tra due giorni a casa sua. E chissenefrega se era una cosa folle: qualche follia bisognava pur farla, di tanto in tanto, o la vita diventava una noia mortale.
Adesso, però, le si chiudevano gli occhi dal sonno: i piatti li avrebbe lavati la mattina seguente, insieme alla tazza della colazione. A letto subito, e senza accendere il computer: neanche per dare un'occhiata al suo blog preferito.
Che poi, come aveva scoperto quella sera, era lo stesso di Piero.

Come aveva immaginato, alla fine Mario era riuscito a rassicurarlo un po'.
Non che l'avesse del tutto convinto, intendiamoci: ma se non altro era riuscito a spiegargli che esistevano delle possibilità alternative, oltre a quella di essere precipitato dritto dritto dentro a un thriller con Denzel Washington.
Non era molto, per la verità, ma era pur sempre qualcosa.
Parcheggiò la macchina sotto casa. Poi guardò l'orologio. Un po' presto, per andare a dormire.
Tirò fuori il cellulare: magari Federica era ancora sveglia.
«Ti va una birra?».
«Lore', ci conosciamo da una vita. Io la odio, la birra».
«Vabbe', si fa per dire...»
«Guarda, il massimo che posso fare è offrirti un gelato».
«Ok, tu prendi il gelato e io prendo la birra».
«Dì la verità: saranno dieci anni che facciamo 'sta gag?»
«Fai quindici. Al baretto sotto da te?»
«Dai, fammi uno squillo quando ci sei, che scendo».

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