UNO

Il ragazzo ammanettato alla testata del letto strillava come una sirena, sotto la striscia di nastro da imballaggio che gli copriva la bocca.
La figura incappucciata smise di armeggiare nella borsa da viaggio che aveva appoggiato sul pavimento, si voltò verso di lui e gli assestò un pugno sotto le costole con tutta la forza che aveva.
Al ragazzo dovette mancare il respiro, perché i gemiti smisero di colpo e lasciarono il posto a una specie di risucchio che gli veniva fuori dal naso.
La figura incappucciata lo guardò annaspare, pensando che se fosse morto soffocato gli sarebbe toccato ricominciare tutto da capo. Meglio evitare.
Si avvicinò, afferrò un bordo del nastro e lo strappò via in un colpo, notando distrattamente che sul lato appiccicoso dello scotch erano rimasti incollati alcuni peli della barba.
«Se ti azzardi ad emettere ancora un solo suono ti sgozzo come un capretto. Ci siamo capiti?»
Il ragazzo aveva gli occhi spalancati e boccheggiava come un pesce tirato fuori dall'acqua. La figura incappucciata lo schiaffeggiò con la mano aperta.
«Allora, ci siamo capiti o no?»
Il ragazzo fece segno di sì con la testa. Il suo colorito era passato dal rosso carminio a una colorazione più simile a quella di partenza.
La figura incappucciata si girò di nuovo e ricominciò a frugare nella borsa, borbottando qualcosa tra sé e sé: «Adesso ci divertiamo, amico mio. Eccome, se ci divertiamo. Aspetta, aspetta...»
Poi si fermò. Dalla bocca gli uscì un gemito di soddisfazione. Aveva trovato quello che cercava.
Si girò di nuovo, di scatto, stringendo con entrambe le mani guantate il taser che aveva prelevato dalla borsa.
Prima che il prigioniero potesse ricominciare a gridare premette il grilletto.
Il corpo del ragazzo si irrigidì, formando un arco sul letto tra le mani ammanettate alla testiera e i piedi legati.
La figura incappucciata gli afferrò i pantaloni, li tirò giù con forza.
Poi fece lo stesso con i boxer.
Gli prese il pene con la mano sinistra, lo tirò verso l'alto, infilò la destra in tasca ed estrasse il rasoio.
Sferrò un fendente. Il pene si staccò di netto e gli rimase in mano.
Stette a guardare per qualche secondo il sangue che schizzava.
Poi si avvicinò al ragazzo e gli tagliò la gola.

Lorenzo era davanti al computer e aveva appena acceso una sigaretta.
Come tutte le sere controllava i commenti sul blog. Era diventato un lavoro impegnativo, negli ultimi tempi: a volte gli toccava l'incombenza di leggerne qualche decina, ma in fondo quello era il prezzo da pagare in cambio della soddisfazione di essere letto da tante persone.
Quella sera gliene restavano pochi, ma procedeva a rilento. Era stanco e non aveva grandi programmi per la serata: il blog, una pizza a portar via nel ristorante sotto casa, una birra fredda e magari un dvd.
Nel frattempo cazzeggiava su Facebook con la sua amica Federica, che cercava di spiegargli in chat la ricetta dei bucatini all'amatriciana. Lui leggeva tre o quattro righe alla volta, e ogni tanto ci metteva un “ok”, tanto per farle capire che era ancora davanti al computer.
Federica era arrivata alla pancetta soffritta. Lorenzo aspirò una boccata dalla sigaretta, riaprì la finestra dei commenti e attaccò a leggere l'intervento di un tizio che lo accusava di essere al soldo di una non meglio precisata lobby.
Sorrise, passò oltre.
Gliene mancavano solo quattro, e poi avrebbe finito.

Si tolse il cappuccio, si sfilò la tuta leggera e i copriscarpe di nylon e ripose il tutto nella borsa, in una busta di plastica. Si cambiò velocemente i guanti indossandone un paio nuovo di zecca.
Poi si alzò, si diresse verso il computer acceso e digitò l'indirizzo del blog.
A fianco del titolo dell'ultimo post, in un fumetto bianco, c'era la scritta che indicava il numero dei commenti: fino a quel momento ce n'erano ventiquattro.
Ci cliccò sopra, aspettò che si aprisse la finestra, si sincerò di essere ancora loggato a nome del ragazzo: l'aveva costretto a collegarsi prima di legarlo, neanche un'ora prima, ma pensò che fosse meglio controllare.
Quando gli apparve il box dei commenti tirò fuori il foglietto che aveva in tasca e ci digitò dentro i numeri che aveva appuntato:
2 - 6 - 15 - 67 - 4
6 - 9 - 9 - 1 - 18
Aspettò ancora qualche secondo, giusto il tempo di verificare che il commento fosse stato pubblicato.
Poi prese il cavo di alimentazione e lo tirò verso di sé.
Il computer si spense.
L'impercettibile ronzio della ventola cessò.

«Quindi tu non ci metti la cipolla?»
«Eh, no. La ricetta originale non la prevede».
«Bah...»
«Che fai, il blogger polemico pure quando si parla di cucina?»
«Ahahah!»
«Ridi, ridi...»
«Spe, chiudo un po' di finestre sennò mi si impalla tutto».
Lorenzo aveva finito di leggere i commenti qualche minuto prima e stava finendo di farsi raccontare la versione di Federica dell'amatriciana, ma il computer -cazzo, devo cambiarlo, si disse- aveva rallentato e stava quasi per bloccarsi per via di tutte le applicazioni che erano rimaste aperte.
Chiuse l'editor di immagini, il player degli mp3 e il giochino anni '80 con cui aveva iniziato a gingillarsi un paio d'ore prima, per dimenticarselo aperto dieci minuti dopo su una gigantesca scritta “GAME OVER”.
Poi passò a Firefox e chiuse una dopo l'altra tutte le schede che aveva aperto. Il computer sembrò accelerare di nuovo man mano che l'operazione procedeva.
L'ultima finestra aperta era quella dei commenti. Stava giusto per chiudere anche quella quando si accorse che ce n'era uno nuovo. Decise di guardarlo subito, e poi di disinteressarsi del blog fino alla mattina dopo.
Il commento era di ZorroWeb, un lettore della prima ora. Ci aveva anche chattato, qualche volta. Gli pareva si chiamasse Fabrizio. Un tipo simpatico e intelligente che non rinunciava mai a dire la sua, uno di quelli che volevano sempre l'ultima parola.
Cliccò sul link del commento e gli si dipinse sul viso un'aria interrogativa: sullo schermo c'era scritto
2 - 6 - 15 - 67 - 4
6 - 9 - 9 - 1 - 18
Che diavolo gli era saltato in mente, a Zorro? Rilesse i numeri, uno dopo l'altro, cercando di metterli in relazione al post, che parlava dei diritti degli immigrati.
Niente, buio totale.
Domani magari lo contatto e gli chiedo che vuol dire, pensò.
Si fece scappare dalla bocca un “mah”, chiuse la finestra e tornò su Facebook.
«Ehi, Lore', sei vivo?»
«Sì sì, scusa, ci ho messo un pochino. Allora, dicevamo della cipolla, no?»

  1. faccio il rompicazzo-correttore-di-bozze: nelle liste di numeri mischi il trattino lungo con il trattino corto.

    in alcuni font sono uguali, e non si vede la differenza!

    gravatar Comment by RedGlow @ 13 giugno 2011 alle ore 05:33      
  2. Ottima osservazione. Correggo.

    gravatar Comment by Metilparaben @ 13 giugno 2011 alle ore 05:33      
  3. la pancetta nell'amatriciana? aiutoooooooo :)

    gravatar Comment by Gabriele Porri @ 14 giugno 2011 alle ore 04:47      

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