TRENTA

Il computer era acceso. Federica digitò l'indirizzo del blog di Francesco. Un amico di Lorenzo. O un suo rivale, se la si voleva vedere così. Insomma, un altro blogger di quelli che andava per la maggiore. Cliccò sul link dell'ultimo post, aspettò che si aprisse il form dei commenti e poi, loggata con l'account di Lorenzo, digitò una sequenza di numeri:
2 - 6 - 15 - 67 - 4
6 - 9 - 9 - 1 - 18
3 - 11 - 24 - 47 - 2
1 - 1 - 1 - 1 - 1
5 - 2 - 31 - 74 - 7
9 - 13 - 5 - 66 - 12
2 - 3 - 17 - 74 - 2
4 - 12 - 3 - 2 - 5
3 - 8 - 28 - 56 - 0
0 - 0 - 0 - 0 - 0
4 - 7 - 34 - 22 - 3
«Bene. Ora non mi resta che uscire, liberarmi della pistola e dei guanti e poi rientrare. Roba di un quarto d'ora al massimo. Che dici, mi verrà bene la parte della vedova inconsolabile? Tipo, quella che torna da un viaggio di lavoro con tuo figlio in grembo, ti trova morto stecchito e chiama la polizia in preda alla disperazione? Io dico di sì».
Lorenzo la guardò.
Lei alzò la pistola, mirò alla fronte e gli sparò in mezzo agli occhi.
FINE

VENTINOVE

«Non lo farai più, vero? Non mi farai arrabbiare? Perchè la storia non è finita, e a me non piace lasciare le storie a metà».
Lorenzo era caduto dalla sedia, tenendosi la gamba con entrambe le mani. Gli veniva da vomitare. Federica sorrise e ricominciò a parlare.
«Per esempio, non mi chiedi chi è qualcuno e chi è qualcun altro?»
Lorenzo la guardò. Non rispose.

VENTOTTO

Lorenzo restò in silenzio. Soppesava le parole di Federica cercando di coglierne il senso. Lei sorrideva.
«Dai, che hai iniziato a capire. Vuoi andare avanti tu?»
«Ognuno di loro ne ha ammazzato un altro...»
«Vedo che stai migliorando...»
«...senza sapere che sarebbe stato a sua volta ucciso...»
«Bingo! Giovanna ammazza Fabrizio, Renato ammazza Giovanna, Fabio ammazza Renato, Andrea ammazza Fabio, Giampiero ammazza Andrea, Jacopo ammazza Giampiero, qualcuno ammazza Jacopo, qualcun altro ammazza il qualcuno di prima. Carina la filastrocca, no?»
«Sei pazza».

VENTISETTE

Lorenzo rimase inchiodato alla sedia. Gli sembrava di fare fatica a respirare. Federica si sedette per terra, incrociando le gambe, a tre metri da lui. Contunuava a puntargli addosso la pistola.
«Quanto credi che ci voglia per convincere un essere umano a ucciderne un altro?»
«Fede, io proprio non riesco a capire...»
«Ti ho fatto una cazzo di domanda, imbecille! Tu degni di rispondermi o devo spararti in faccia per convincerti?»

VENTISEI

«Così ci sei arrivato, fenomeno?»
«Fede...»
«So come mi chiamo, grazie tante».
«Fede, ma che cazzo succede?»
«No, tesoro, non alzarti. Sai com'è, non vorrei essere costretta a farti saltare il cervello...»
«Non è possibile...»
«Dici di no? Non è possibile, vero? Certo, perché Federica è buona. Un pezzo di pane. L'amica del cuore a cui si può raccontare tutto. Quella che capisce. Non è così, Lore'?»

VENTICINQUE

Adesso a Lorenzo sembrava di vedere tutto chiaro. Cinque numeri. Il primo, fatta eccezione per la serie sbagliata e per gli zeri dell'ultima serie, andava da uno a sei. E lui aveva aperto il blog da sei anni. Nella prima sequenza il primo numero era due: il secondo anno del blog. Poi il secondo numero, che andava da uno a dodici, tranne la sequenza falsa. Doveva rappresentare il mese: sei. Giugno. Erano quel nove e quel tredici ad averlo ingannato, altrimenti ci sarebbe arrivato da un pezzo. Il terzo numero poteva indicare un post di quell'anno e di quel mese. Quindici. Il quindicesimo post del mese di giugno del secondo anno. Ci mise un po' a trovarlo, ma quando l'ebbe davanti agli occhi si illuminò.

VENTIQUATTRO

Poi il gatto verde sul comodino iniziò a miagolare. La bocca gli si deformava mentre il suono diventava sempre più stridulo, penetrante, insopportabile. Lorenzo decise di prenderlo per la collottola, ma quando lo toccò si rese conto che il pelo era duro e liscio, come se fosse fatto di plastica. Ci vollero altri due o tre lamenti prima che si rendesse conto di essersi addormentato. E che il miagolio, in realtà, era il suono del telefono.
«Sì, pronto».
«Dormiva?»
«Ma chi...»
«Non mi dica che non mi riconosce più».
«Ah, ispettore, è lei...»